Porti di Partenza

Porto Santo Stefano

Il punto di incontro per imbarcarsi sulle nostre barche è il molo Garibaldi. Si trova dopo le pescherie tenendo il mare sulla destra fino ad arrivare alla Guardia Costiera a quel punto proseguire dritto costeggiando i pescherecci, le imbarcazioni della finanza e dei carabinieri e, oltrepassate queste, troveranno le nostre imbarcazioni

E’ il capoluogo del comune di Monte Argentario, il centro più popoloso del comprensorio, porto di riferimento per i collegamenti con l’isola del Giglio. Fortezza Spagnola e Mostre permanenti “Memorie sommerse” e “Maestri d’Ascia”. La fortezza di Porto S. Stefano è stata l’elemento aggregante del paese, realizzata nei primi anni del ‘600 per proteggere quello che, fino a quel momento, era stato un semplice luogo di approdo occasionale, nonostante le ottime caratteristiche dell’insenatura per l’ormeggio delle navi. Essendo stata tra i pochi edifici del paese che avevano resistito ai devastanti bombardamenti subiti negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, ha ospitato gli uffici comunali nel periodo della ricostruzione. Una serie di profondi restauri le hanno poi restituito l’antico aspetto e dal 1997 è diventata sede di mostre permanenti, nell’ambito del progetto di realizzazione di un Museo del Mare. La prima sezione, battezzata “Memorie Sommerse”, illustra le scoperte di archeologia subacquea avvenute sui fondali marini del monte Argentario e dell’isola del Giglio; una seconda sezione, “Maestri d’Ascia”, illustra invece l’arte della carpenteria navale, ampiamente sviluppata della cittadina portuale. Acquario Mediterraneo. Nella struttura sono illustrati e ricostruiti gli habitat caratteristici delle acque della Costa d’Argento, nelle diverse profondità. Le 17 vasche presenti, sette delle quali panoramiche, contengono numerose specie marine sia animali che vegetali: pesci, crostacei, gorgonie e posidonie. Una sezione apposita presenta una vasta collezione di conchiglie, non solo di provenienza mediterranea, ma anche dal Pacifico, dall’Atlantico e dal Mar Rosso. Sono presenti infine due mostre permanenti: una dedicata alla tecnologia delle immersioni subacquee e una ai cetacei, dove sono raccolti diverse ossa raccolte tra l’Argentario e l’isola del Giglioe più rari.

Porto Ercole

il nostro punto di imbarco a  Porto Ercole si trova prendendo la prima entrata del lungo mare, tenendo il mare sulla sinistra dove, proseguendo per circa 20 metri, si troverà la Banca Monte dei Paschi di Siena, di fronte alla quale c’è un molo in cemento dove effettuerete l’imbarco

Uno dei Borghi più Belli d’Italia. Rocca. La fortezza che domina il borgo ebbe il suo nucleo originario in una torre di epoca Aldobrandesca, rafforzata dagli Orsini, trasformata in vera rocca dai Senesi e infine ampliata dagli Spagnoli quando Port’Ercole divenne il porto principale dello Stato dei Reali Presidi. Alla fine dell’800 fu trasformata in carcere e, dopo la sua dismissione, all’indomani della seconda guerra mondiale, è stata lottizzata venduta a privati. Essendo tutt’ora in buona parte occupata da appartamenti, è visitabile solo con accompagnamento in alcuni giorni e orari prestabiliti della settimana, dietro rilascio di un permesso comunale presso l’ufficio turistico di Porto Ercole.

Forte Stella. La fortezza dalla pianta regolare a stella a sei punte, fu realizzata dagli spagnoli a partire dalla fine del ‘500 e completata solo alla metà del ‘600. La sua funzione era quella di completare l’apparato difensivo di Port’Ercole difendendolo dall’entroterra e fungendo da punto ottimale di avvistamento verso tutti i punti cardinali. Dismessa all’indomani dell’unità d’Italia, è rimasta a lungo abbandonata; restaurata negli anni ’90 è oggi sede di mostre temporanee d’arte contemporanea.

 

Foce dell'albegna

L’isola del Giglio è stata abitata fin dalla preistoria: tracce di un insediamento neolitico (VII millennio a.C.) sono state individuate nella parte settentrionale dell’isola (loc. Secchete), mentre un vasto abitato della media età del bronzo è stato oggetto di saggi di scavo al Castellare di Campese, altura che domina l’unico porto naturale sulla costa occidentale dell’isola; sempre nella zona del Campese, durante le attività di estrazione mineraria effettuate negli anni ’50, è stato rinvenuto un ripostiglio di oggetti di bronzo databili al Bronzo Finale (X secolo a.C.), oggi al Museo Archeologico di Grosseto. 

Fu frequentata anche dagli Etruschi, come dimostrano materiali recuperati sempre al Castellare di Campese e il relitto del VI secolo esplorato al largo della stessa spiaggia, i cui materiali sono oggi esposti nella Fortezza di Porto Santo Stefano. Ancora più consistenti sono le tracce di epoca romana, età a cui risale anche la prima citazione nelle fonti: nel De bello civili Giulio Cesare racconta che Domizio, alleato di Pompeo, nel 49 a.C. per prestare aiuto a Marsiglia che si era ribellata a Cesare, requisì diverse navi private tra l’isola del Giglio e la costa cosana. Questo territorio infatti, come il vicino monte Argentario, rientrava nelle proprietà dei Domizi Enobarbi, cui è probabilmente da attribuire la villa i cui resti sono tutt’ora visibili a Giglio Porto.

Per trovare nelle fonti altre notizie sull’isola, bisogna arrivare al V secolo d.C., ovvero al poema De Reditu Suo (415 d.C.) di Rutilio Namaziano, nel quale l’autore latino ricorda come essa avesse offerto rifugio a molti Romani in fuga dalle invasioni dei Goti. Il suo nome attuale deriva da quello latino: Igilium, termine che tuttavia non fa riferimento al fiore, come si potrebbe pensare, ma piuttosto al termine greco igilion che significa capretta, quindi il Giglio per i romani era “l’isola delle capre”.

Nel medioevo fu proprietà dell’Abbazia dei SS. Vincenzo e Anastasio , detto “delle Tre Fontane”cui sarebbe stata donata, secondo la tradizione, nell’805 da Carlo Magno, insieme all’antico Ager Cosanus (Orbetello, monte Argentario, Ansedonia e il loro entroterra). I monaci la cedettero quindi in enfiteusi prima ai conti Aldobrandeschi e poi agli Orsini, loro eredi con l’estinzione della casata, anche se in realtà l’isola era di fatto controllata dalla Repubblica di Pisa che nel XIII secolo, prima di essere sconfitta da Genova nella battaglia della Meloria (1284), costituiva una delle massime potenze nel Tirreno. Così nel 1406, quando Firenze sconfisse definitivamente Pisa annettendosi tutti i suoi possedimenti, entrò a far parte dello stato fiorentino.

Nel 1447 fu occupata, come molti altri castelli della Maremma, da re Alfonso d’Aragona, che la tenne fino al 1460; subito dopo papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, riuscì ad accordarsi con la Repubblica di Siena e l’Abbazia delle Tre Fontane, dando vita a un feudo formato dall’isola del Giglio, Castiglione della Pescaia e le Rocchette di Pian d’Alma, che affidò al nipote Andrea Piccolomini.

Il XV e il XVI secolo costituiscono il periodo più difficile e tormentato della storia dell’isola, esposta a continue scorrerie da parte dei pirati barbareschi. L’evento più terribile è legato a un’incursione del famoso pirata Khair ad-Din, detto il Barbarossa, che nel 1544 saccheggiò Giglio Castello deportandone quasi tutti gli abitanti come schiavi, tanto che la famiglia Piccolomini, pochi anni dopo, fu costretta a inviare alcune famiglie di Pienza sull’isola nel tentativo di ripopolarla.

Nel 1588, infine, l’ultima erede della signoria, Silvia Piccolomini, vendette tutti i suoi feudi in Maremma a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo de’Medici, cosicché alla sua morte entrarono a far parte del Granducato di Toscana.

I Medici profusero un certo impegno nel tentativo di fortificare e proteggere questo dominio, posto ai confini più meridionali del loro stato e costantemente esposto alle incursioni piratesche; si consideri che l’ultima avvenne, ormai in epoca lorenese, il 18 novembre 1799; in tale data 2.000 pirati provenienti da Tunisi sbarcarono al Campese con l’intenzione di dare l’assalto al Castello. Gli abitanti tuttavia opposero una fiera resistenza, obbligando gli assalitori a ritirarsi dopo aver saccheggiato solo la chiesa di San Rocco. Il periodo di tranquillità che seguì quest’ultima incursione, favorì lo sviluppo demografico dell’isola, dove si trasferirono numerose famiglie liguri e napoletane, dando origine al centro di Giglio Porto. Non provocò sconvolgimenti neanche il periodo napoleonico, che attraversò indenne, grazie anche al suo isolamento, seguendo poi le sorti del Granducato di Toscana fino alla sua annessione al Regno d’Italia nel 1860.

Un certo sviluppo dell’economia dell’isola si ebbe del ‘900 con lo sfruttamento di una miniera di pirite e allume nell’area di Campese, già individuata alla metà dell’800, attiva tra il 1938 e il 1962, che nei momenti di massima attività, arrivò a dare lavoro a circa 300 tra minatori e operai. Oggi l’economia dell’Isola del Giglio si basa essenzialmente sul turismo; è abitata da circa 1.400 persone divise tra i centri di Giglio Castello, Giglio Porto e Campese.

Isola di Giannutri

Fa parte del comune dell’Isola del Giglio anche l’isola di Giannutri, la più meridionale delle isole dell’arcipelago toscano. Abitata durante la preistoria, è famosa per i resti di un’imponente Villa Romana del II secolo d.C. Rimasta sempre disabitata nel periodo successivo, essendo piatta e completamente mancante di luoghi riparati, fu solo scalo occasionale dei pirati barbareschi nelle loro scorrerie lungo le coste della Toscana. Oggi è abitata da solo poco più di una decina di residenti